Gaspare Fumagalli e i dipinti nelle volte del palazzo Bongiorno. Un giallo nella Sicilia artistica del Settecento

di Salvatore Farinella©, testo pubblicato in Le Madonie n. 2, 1999 

Gaspare Fumagalli e Pietro Martorana, Affreschi, Palazzo Bongiorno, 1757/58 (foto S. Farinella©)
Gaspare Fumagalli e Pietro Martorana, Affreschi, Palazzo Bongiorno, 1757/58 (foto S. Farinella©)

GASPAR FUMAGALLI ROMANUS. Così il noto pittore ornamentista di origine romana firmava i dipinti delle volte nel palazzo Bongiorno a Gangi qualche anno dopo la metà del Settecento. Ed a lui, «vero maestro nelle invenzioni architettoniche» [1] e «vero erede della cultura del Borreman [2], genio degli strabilianti sfondati illusionistici, i critici e gli studiosi d’arte e di storia a ragione hanno da sempre riconosciuto la paternità di questi e di altri stilisticamente simili dipinti sparsi in numerose volte siciliane [3]. Diciamo a ragione poiché quelli del palazzo Bongiorno, qui a Gangi, risultano probabilmente i soli dipinti firmati dal Fumagalli. Di notevole bellezza e qualità artistica, i raffinati dipinti nelle sale del palazzo gangitano rappresentano uno degli episodi decorativi più importanti della Sicilia artistica del ‘700; qui infatti un ampio repertorio di fantasie architettoniche, di articolati sfondati effimeri e di finte prospettive si arricchisce di quei caratteri tipici del modo di decorare del Fumagalli, fatto di vasi di fiori e cesti di frutta, di conchiglie, di medaglioni e putti, espressioni di quei motivi ornamentali di particolare effetto facenti parte del repertorio decorativo ripetuto dall’artista in numerose altre occasioni.

Ma, proprio su questo repertorio ornamentale del Fumagalli, il ritrovamento di documenti d’archivio riguardanti l’opera in questione getta nuova luce; e così una vicenda oramai consolidata (difficile a credersi) riserva delle incredibili sorprese.


 
Ritratto di Francesco Benedetto Bongiorno (da Rime degli Industriosi di Gangi, 1769)
Ritratto di Francesco Benedetto Bongiorno (da Rime degli Industriosi di Gangi, 1769)

Il periodo in cui si colloca il “giallo” artistico è quello della fine degli ’50 del Settecento quando i baroni Bongiorno, nobili del luogo molto attivi sotto il profilo culturale, chiamano una delle maggiori personalità artistiche del momento nel campo della decorazione ad eseguire i dipinti nelle volte del nuovo palazzo che gli stessi Bongiorno si erano fatti costruire qualche anno prima. I primi protagonisti del giallo (nel quale, è bene dirlo subito, non c’è un “maggiordomo” colpevole) sono naturalmente i committenti, ossia quei baroni Bongiorno perfettamente in linea con il sontuoso mondo dell’aristocrazia settecentesca, sebbene risultino relegati in un piccolo centro agricolo di provincia. Tale circostanza però non impedisce loro di avere dei contatti con il mondo esterno alla loro cittadina; infatti, a differenza degli altri membri della nobiltà terriera del luogo che, magari, passava il proprio tempo a vivere delle ricche rendite di famiglia, i Bongiorno trovavano l’occasione per dedicarsi all’arte e alla cultura, istituendo e patrocinando Accademie letterarie, organizzando spettacoli ed occupandosi della ristrutturazione di chiese e monasteri (sia a Gangi che nel resto delle Madonie) [4], vivacizzando così quel timido ed arroccato paese che, già più di un secolo prima, era stato uno dei centri della cultura artistica siciliana e madonita [5].

Il secondo protagonista della nostra storia è l’artista al quale i committenti pensarono bene di affidare l’opera: Gaspare Fumagalli. Pittore quadraturista e ornamentista di origine romana, sembra che fosse attivo a Palermo fin dagli inizi del XVIII secolo e che, fin da subito, avesse iniziato a collaborare in fortunate avventure decorative con il massimo esponente della cultura pittorica di quel periodo, il fiammingo Guglielmo Borremans. Forte della iniziale formazione romana, il Fumagalli divenne ben presto noto per le quadrature illusionistiche dove «curve, cartocci, volute, mascheroni, si intervallano a inserti di paesaggi, finte statue a grisailles, in un illusionismo spaziale di grande suggestione e qualità» [6]; però «dal punto di vista più strettamente figurativo, non supera i limiti di una corsiva piacevolezza, legato com’è agli esempi del barocchetto romano e più tardi affascinato … a ripercorrere … la via indicata dal Borremans» [7].

 

... continua


 

Note

 

[1] C. SIRACUSANO, Guglielmo Borremans tra Napoli e Sicilia, Palermo 1990, nota n. 61, pagg. 31-32.

[2] Ibidem, pag. 26.

[3] Al Fumagalli sono attribuite numerose decorazioni fra le quali quelle del palazzo Arcivescovile, del palazzo Gangi, delle ville Pantelleria, Spina ai Colli e Niscemi a Palermo, ed altre ancora, come quelle volte della villa Butera a Bagheria.

[4] A Gangi i Bongiorno furono promotori di diverse Accademie fra le quali quella degli Industriosi legata all’Accademia del Buon Gusto di Palermo.

[5] Nella seconda metà del ‘500 la cittadina di Gangi diede i natali a due dei più noti pittori siciliani, Gaspare Vazzano e Giuseppe Salerno, entrambi (ma, come sembra, solamente il primo) noti con il soprannome di Zoppo di Gangi, punti di riferimento della cultura pittorica manierista e della controriforma.

[6] C. SIRACUSANO, op. cit., nota n. 113, pag. 34.

[7] Ivi, nota n. 61, pag. 32.