Frate Egidio da Mola, il “santo” che liberava dalla peste. Storia e vicende di un frate cappuccino protagonista nel 1625 a Gangi di un “successo maraviglioso” e mai elevato agli onori degli altari

di Salvatore Farinella©, testo inedito tratto da S. Farinella, Il “beato” Egidio da Mola e santa Rosalia: due Santi per una peste. Straordinari prodigi, sane devozioni e inquietanti risvolti nelle Madonie del Seicento, fra l’inventione di santa Rosalia, un frate cappuccino mai canonizzato, la peste e altri accadimenti, di prossima pubblicazione

Particolare del sacello di frate Egidio da Mola nella chiesa madre di Gangi (foto S. Farinella©)
Particolare del sacello di frate Egidio da Mola nella chiesa madre di Gangi (foto S. Farinella©)

 

Solo dopo diversi giorni il corpo del frate venne traslato alla chiesa dello Spirito Santo, ai piedi del paese: ma a settembre di quello stesso anno, a sette mesi dal rinvenimento, i resti non avevano ancora avuto degna sepoltura in chiesa madre. Anzi, dopo che a giugno era giunta nel borgo la reliquia di santa Rosalia, accolta con grande trepidazione dal popolo e dai maggiorenti, si era venuto a sapere che, stranamente e con una procedura anomala, le spoglie del frate erano “custodite” … presso la casa di un privato ! Un nuovo straordinario prodigio contribuiva però a risolvere la questione: a cambiare gli eventi era infatti il miracoloso ritorno alla vita - per poche ore - di un giovane frate della stessa comunità cappuccina di Gangi, frate Giuseppe Volo (fratello del sacerdote don Francesco) morto di peste alla fine di settembre di quello stesso anno 1625. Fra la predizione di morti imminenti che avvennero puntualmente (quella di Marino Nasello che non era un “magnifico” né un “barone” - come scritto dal Nasello, omonimo del nostro, e dall’Alaimo e più recentemente da altri col sistema “copia e incolla” - ma un intraprendente imprenditore agricolo, cognato di uno dei maggiorenti che gestì tutta la vicenda, eletto in quella occasione deputato alla sanità) e la minaccia del catastrofico inasprirsi del morbo, venne tuttavia annunciata la liberazione del popolo dalla peste se il corpo di frate Egidio fosse stato tolto dalla casa del privato e sepolto in chiesa madre. I resti del frate vennero così portati in solenne processione e deposti in un luogo segreto in chiesa madre, mentre la peste si trascinava fino al mese di gennaio dell’anno seguente per poi scomparire del tutto: le guarigioni attribuite all’intervento di frate Egidio si verificarono ancora negli anni seguenti e fino ai primi del Settecento quando il corpo venne traslato accanto all’oratorio dei Cappuccinelli. In seguito (nella prima metà dell’Ottocento) i resti avrebbero trovato definitiva sepoltura nel transetto della maggiore chiesa, nella scalinata di destra che conduce al presbiterio, dove tuttora si trovano.    

Lentamente il culto verso il “Servo di Dio” frate Egidio da Mola, dal volgo indicato fin da subito come “beato” e “santo”, perdette il suo vigore fino a svanire del tutto: nonostante nella memoria popolare egli venisse ritenuto oramai canonizzato, il cappuccino non venne mai elevato agli onori degli altari, né mai si diede inizio a una causa per la sua beatificazione. Nello stesso momento in cui venne rinvenuto il corpo di frate Egidio da Mola, a Palermo giunse a compimento la vicenda di Rosalia Sinibaldi: dopo mesi di tentennamenti, l’Arcivescovo e Luogotenente del Regno Cardinale Giannettino Doria dichiarò autentici i resti di Rosalia rinvenuti nell’agosto del 1624 sul monte del Pellegrino e dichiarò la Santa “unica” Patrona di Palermo e liberatrice della peste in Sicilia. 

La vicenda di frate Egidio da Mola appare intrisa di strane circostanze e di singolari coincidenze che fanno emergere diversi interrogativi: perché mentre era in corso la ricognizione dei miracoli del frate giunse a Gangi la reliquie di santa Rosalia? Perché i resti di frate Egidio vennero celati in casa di un privato che aveva stretti rapporti di parentela con i maggiori protagonisti della vicenda? Perché la cappella in onore del «beato Egidio», che Marino Nasello in extremis aveva legato nel suo testamento in punto di morte, non venne mai eretta? E perché la decisione di inviare a Roma il carteggio della ricognizione dei “miracoli” di frate Egidio, ordinata dallo stesso Nasello, non venne mai messa in pratica? Perché quando nove anni dopo l’Arcivescovo di Messina effettuò la visita pastorale nella chiesa madre di Gangi non si fece alcun cenno alle reliquie del pio frate? E perché, ancora, una modesta lapide (quella che alcuni liquidano come “l’epitaffio funebre oggi conservato presso la chiesa Madre di Gangi” che darebbe testimonianza degli eventi) riporta i fatti che riguardano frate Egidio in maniera distorta rispetto a quanto realmente accadde? E perché ….. ?

Si ha come la sensazione che, fin dal suo sorgere, la vicenda del religioso di Gangi abbia trovato sul suo cammino diversi ostacoli: si ha la sensazione che, proprio in quel momento, l’avvio del suo processo di beatificazione (a differenza di quanto sostenuto dal Nasello e da altri un processo non venne mai intrapreso, come emerge dalle “carte ufficiali” della Chiesa dove non c’è traccia di un processo canonico né di una positio) avrebbe potuto rappresentare una imprevista interferenza !

Su questa straordinaria vicenda del frate cappuccino che nel primo quarto del Seicento fece parlare di se esistevano solo pochi documenti, la cui lettura non consentiva di comprendere i motivi per i quali non si era riusciti a concludere il percorso di beatificazione che, iniziato con la ricognizione di testimoni nella primavera del 1625, avrebbe dovuto dichiarare la santità del frate. Come raramente accade, il fortunato rinvenimento di altra documentazione inedita dell’epoca mi ha consentito di ricostruire gran parte della vicenda di frate Egidio da Mola di Taormina in quel contesto della peste nella Sicilia del XVII secolo: ciò ha permesso di dare una spiegazione - seppure ipotetica - a quanto è avvenuto e alla mancata beatificazione di frate Egidio da Mola e di ricostruire l’intera vicenda in un libro-inchiesta di prossima pubblicazione.

La ricostruzione storica che sostiene lo studio «si fonda su diversi documenti d’archivio, pochi già noti, la maggior parte assolutamente inediti rinvenuti in anni di ricerca e in diversi archivi: documenti che chiariscono aspetti e che gettano nuova luce sugli eventi, ma che allo stesso tempo fanno intravedere nuove chiavi di lettura dell’intera vicenda. Si tratta di temi complessi, dove l’intreccio fra avvenimenti, interessi e società, fra personaggi politici e maggiorenti locali, alti prelati ed abili Gesuiti, comunità francescana e gente comune costituisce il lastricato di quella strada impervia che avrebbe dovuto condurre alla canonizzazione quel frate “che libera dalla peste” […] una ipotesi sul perché non si sia giunti alla canonizzazione del frate, visto come antagonista in una Sicilia in cui per varie ragioni - sopratutto politiche - stava per emergere la figura della Santa palermitana […]» [6].

 

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Note

 

[6] Dalla Premessa a S. Farinella, Il “beato” Egidio da Mola e santa Rosalia: due Santi per una peste. Straordinari prodigi, sane devozioni e inquietanti risvolti nelle Madonie del Seicento, fra l’inventione di santa Rosalia, un frate cappuccino mai canonizzato, la peste e altri accadimenti, di prossima pubblicazione.